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martedì 28 agosto 2012

Un uomo sposato che avrebbe voluto fare il frate

Riporto in forma anonima una lettera che ho ricevuto tempo fa da un uomo sposato, che se potesse tornare indietro...

Carissimo Cordialiter,
                                      faccio i miei complimenti per il sito [...]. Non so come sia arrivato al vostro blog ma [...] è facile rimanere intrappolati nel leggere le storie di comune vita dove anch’io, come tanti altri, cerco di comprendere la mia vocazione secondo il progetto di Dio. Può darsi che abbia sbagliato pure blog ma nel leggere le testimonianze e le storie di chi Vi scrive mi sveglia qualche angoscia personale nel carpire tra le righe lette quello slancio spirituale che avrei voluto avere anch’io nel saper scegliere nella vita la giusta cosa, avere la consapevolezza che la propria situazione, la propria dimensione è quella pensata da Dio.

Il mio è anche uno sfogo e penso che dietro te Cordialiter (ti do del Tu) ci sia un uomo di Dio capace di darmi qualche piccola risposta.

Tra qualche mese avrò 43 anni e anche se non vengo da una famiglia cattolica e praticante, ho conosciuto Gesù in tarda età qualche anno prima del matrimonio (27 anni) in quanto prima non ci si pensa e si è attratti da altri interessi.

Con il senno di poi, oggi guardando un po’ indietro nella mia vita mi accorgo che giungo al matrimonio a 27 anni come fanno tutti con quella scarsa consapevolezza di ciò che è invece il grande e complesso mistero del matrimonio dell’unione dei due in una sola carne.

Con il matrimonio scopro l’importanza e la bellezza di Dio nell’averlo come centro della vita personale e familiare che pian piano si va sviluppando. Comincio a frequentare gli ambienti parrocchiali di appartenenza a cui mi ero tenuto per tantissimo tempo lontano e scopro il piacere e l’entusiasmo di fare un corso per catechisti e qualche anno dopo ricevere l’incarico del parroco come responsabile della formazione dei futuri cresimandi.

[...] Siamo al 2004 , sono a metà del secondo anno di corso al diaconato, e il matrimonio dopo 9 anni comincia ad accusare qualche falla. Il Signore era comunque al centro e tutti e tutto ruotavano attorno a LUI ma questo cominciava a infastidire mia moglie. La deviazione da parte di mia moglie dal centro di riferimento che era CRISTO si accentua maggiormente per via di una sua crescita professionale che la porta a rivestire un ruolo leggermente superiore e importante a quello di una comune operaia che era fino a quel momento e quindi comincia a sostituire lo spazio spirituale sempre più con cose materiali e più pratiche come per dire che è ben altro della spiritualità e della fede cristiana ciò che porta pane a casa.

Dopo qualche mese lei mi fa richiesta di separazione ma intuisco che quella crescita professionale aveva portato a stringere una amicizia particolare con il datore di lavoro. Mi concentro sulla famiglia preferendola al corso del diaconato, lascio la mia preghiera mattutina che facevo immancabilmente recandomi alla recita delle lodi presso un convento locale; riduco i miei incontri in parrocchia, cerco di non farmi vedere tanto con il breviario in casa visto che ogni cosa avesse a che fare con la fede provocava solo isterismi.

Mi oppongo alla separazione in quanto era la nostra prima e seria difficoltà coniugale dopo 9 anni di matrimonio che poteva comunque essere discussa e ovviata con qualche altro intervento non necessariamente in prima istanza di aspetto legale, ci sono anche avvocati dello spirito che possono ugualmente rimettere sulla giusta strada, invece si è rivolta all’avvocato senza neanche parlarmene, in cuor suo aveva già deciso sul da farsi. Nell’oppormi mi armo di tanta pazienza e fegato perché trascorrere 10 mesi da separati in casa gestendo il tutto separatamente senza riferirsi non è facile, e pensavo a tenere in piedi soprattutto la promessa fatta davanti a Dio. Niente da fare, la convivenza diviene sempre aspra perché sono d’intralcio, devo abbandonare la casa coniugale e all’ennesimo rifiuto il giudice a seguito di udienza mi invita nel Giugno 2005 ad abbandonare casa. Prova ad immaginare: lasciare tutto, lasciare mia figlia e ripartire da capo dopo che la maggior parte dei risparmi erano serviti per coprire i costi sostenuti per la difesa in tribunale.

Dentro di me cominciava a farsi posto una sensazione, un pensiero che a dire la verità non mi disturbava, anzi mi faceva comprendere come anche in quell’evento doloroso il Signore mi stava vicino, forse aveva permesso quella separazione perché qualcosa di buono doveva ugualmente tirarci fuori. Non nascondo la mia maggiore libertà a potermi dedicare a LUI, a poter frequentare i suoi atri e il suo tempio perché era divenuto la mia unica forza. E continuavo a chiedermi: Signore cosa vuoi da me? Dove vuoi portarmi?

Allo stesso tempo mi tornava in mente un’ affermazione della mia gioventù che non avevo mai dimenticato e che mi accorgevo era rimasta talmente indelebile nel mio animo che chissà per quale motivo ritornava su solamente in questa circostanza e precisamente intorno ai 18 anni quando ogni ragazzo fa i suoi progetti e io dissi tra me e me: “Se non mi sposo vorrei farmi frate, seguire Gesù”. Mi chiedevo se quel pensiero aveva a distanza di tempo un significato nella mia situazione attuale.

Nel frattempo mi dovevo contentare di vedere mia figlia un solo giorno a settimana e a rotazione solo due fine settimana al mese. Il Signore mi dava forza [...]. Pensavo alla possibilità di potermi dedicare completamente a LUI e questo pensiero mi faceva stare bene, mi riempiva e mi dava pace e forse cominciavo a mettere in dubbio la mia vocazione al matrimonio. Esagerata considerazione? Non so….

Fatto sta che mi sento sempre più immerso e coinvolto nel mio rapporto con Dio, ormai siamo al 2008 e il convento è diventata la mia prima casa passo più tempo nella casa del Signore che nella mia, e così quando non ho mia figlia e sono libero mangio e dormo in convento cercando di darmi da fare in tutto sia prestando la mia manodopera per lavori sia come impegno di fede. Infatti non potendo riprendere il discorso del diaconato per via della mia situazione coniugale il parroco mi presenta al vescovo per prendere il ministero dell’accolitato. Successivamente approfondisco gli studi in maniera personale sulla Liturgia, e dopo un corso il parroco mi fa responsabile del gruppo liturgico parrocchiale.

Forse quello tra me e mia moglie non è stato amore vero [...] mi accorgo che sperimento il vero amore solo quando mi avvicino al Signore, quando mi chiudo in chiesa davanti al tabernacolo e seppur nella mia distratta preghiera il mio cuore lo sento nella pace e nella tranquillità, come se null’altro mi manca e di null’altro ho bisogno.

Giustamente sia il lavoro che la vita quotidiana mi riportano comunque al materialismo a tutte quelle situazioni che ti distraggano che comunque attraverso la società e il benessere si è comunque chiamati a fronteggiare: impegni di spesa, bollette che scadono, rate da pagare, e quant’altro spesso ti fa pensare che il vivere è solamente per questi aspetti pratici a danno dello Spirito che grazie a Dio preme sempre per emergere, e preme perché è l’aspetto al quale vorrei dare la totalità dell’interesse.

A volte nel presentarmi davanti a Gesù cerco di avere qualche risposta al perché a 43 anni mi capita ancora di piangere, di sentirmi sfinito, stanco moralmente, di sentirmi mendicante verso un bisogno comunque insito nell’uomo di affetto, di un abbraccio, di un sorriso, e tantissime volte quando mi siedo al tavolo di casa, tutto solo, e consumo quel piatto di minestra o altro, mi guardo, mi ascolto nel profondo e vorrei tanto che solo il Signore mi bastasse, vorrei trovare quella pace mettendomi nel palmo della sua mano.

E’ pur vero che godo del meraviglioso dono fattomi anche dal Signore, una splendida figlia che non per suo volere, causa la situazione in cui si è trovata, ha dovuto crescere un po’ in fretta e vedersi privata di una famiglia unita, di uno stare tutti assieme e percorrere le vie della vita.

In tutta onestà mi rendo conto che comunque ho una figlia, che cerco comunque di adempiere alla mia vocazione di genitore, di padre, ma a volte quelle consolazioni umane che mi contraddistinguono come essere umano possono passare attraverso di lei o possono venire da lei. A volte la vorrei già adulta per poterle parlare un po’ di questa vita, del mio dispiacere per non averle potuto garantire una unità familiare, del fatto che spesso non mi sento realizzato e magari la mia vera vocazione non era il matrimonio o del fatto che spesso sento il desiderio di abbandonare il mondo e potermi dedicare completamente al Signore chiuso in qualche monastero o convento.

Ecco perché Cordialiter leggendo le pagine del tuo blog, sembrerà strano, ma mi pervade una pace, un gaudio e tantissima gioia nel sentire quasi mio quel sentimento di chi si sente chiamato, di chi sta sperimentando un discernimento vocazionale e sente chiaramente a cosa il Signore lo chiama nel proprio progetto personale di vita. Sono sicuro che nella mia gioventù non ho avuto la fortuna di trovare qualche persona con cui discutere di ciò che sentivo, di capire se il Signore mi chiamava ad una strada di consacrato visto che nel cuore avevo quella fiamma di desiderio che non ho saputo indirizzare.

[...] Mi perdoni il Signore ma a volte sento mia figlia come un impedimento perché se fosse per me mi relegherei in qualche monastero e nel silenzio pregare e vivere del Signore, godere dell’unica e vera gioia.

Concordo con te che in molti conventi il sacerdozio viene vissuto veramente con rilassatezza e questo è anche un dispiacere che vivo personalmente e quotidianamente perché a volte il mio servizio come accolito che svolgo nella parrocchia-convento di appartenenza lo vivo malamente nel vedere tanta sciatteria, tanto fare “alla carlona”: non ci si mette affatto dignità, sacralità, santità e amore che richiedono le cose di DIO.

Vorrei tanto trovare l’appoggio, la guida di qualche buon monaco/sacerdote con cui poter camminare e comprendere cosa in questo tempo della mia vita il Signore mi chiede, su quale strada mi vuole, anche perché ne ho conosciuto tanti di religiosi ma quasi nessuno ha fervore per la cura delle anime e voler essere valida guida spirituale, e l’unico frate che ho conosciuto nella mia vita capace di educare e far innamorare alla fede, il Signore a 45 anni se l’è scelto per LUI riprendendolo tra le sue schiere. Era un vero innamorato di Maria, del Vangelo, [...] ed è morto proprio nel dolore di vedere e vivere con i suoi confratelli che invece erano più del mondo e pochissimo di Dio.

Ti chiedo ancora scusa se mi sono dilungato parecchio, spero che riuscirai a rispondermi, a darmi qualche consiglio e ti raccomando al Signore perché continui a ricolmarti del suo Santo Spirito e permetterti anche questa evangelizzazione attraverso la delicatezza e l’amore con cui curi il tuo blog. Ti abbraccio fraternamente e in Cristo ti saluto.

(lettera firmata)