Dagli scritti di Don Giulio Barberis (1847 - 1927), seguace e collaboratore di San Giovanni Bosco, ho tratto un brano che parla di come fare l'esame di coscienza. Venne scritto per i salesiani, ma può andar bene anche per religiosi di altri istituti.
L’esame
di coscienza è uno dei mezzi più efficaci per purificare l’anima
dai suoi difetti, perchè discopre le interne radici e le occasioni
esterne che in essi ci fanno più frequentemente cadere. È perciò
uno degli esercizi più inculcati dai maestri di spirito, più
praticato dai religiosi, uno dei più importanti della giornata, che,
se si pratica bene, produrrà senza dubbio grandissimo profitto. Si
può ritenere giustamente che tutti quelli i quali trascurano l’esame
di coscienza restano stazionari nel cammino della virtù, se pure non
retrocedono; mentre quelli che lo praticano con una costante
applicazione fanno necessariamente progresso. San Francesco di Sales
raccomanda molto questo esame, e soggiunge che bisogna andare a letto
come al confessionale, dopo d’essersi esaminati. I commercianti
contano tutte le sere le loro entrate e le loro uscite. L’anima che
vuol guadagnare il cielo, deve fare altrettanto: esaminare bene alla
sera tutte le perdite fatte, affine di ripararle. Esàminati pertanto
alla sera, prima di andare a dormire, su tutti i mancamenti della
giornata, sia in pensieri che in parole, in opere ed omissioni.
Trascorri così colla memoria tutte le azioni principali fatte dalla
sera antecedente a questo momento dell’esame.
Nostri debiti quotidiani
Per
essere eccitati a far questo esame e prendere forza a farlo bene,
bisogna anzitutto capire e persuadersi, che ogni dì noi facciamo,
oltre agli altri antichi, due nuovi debiti col Signore, sebbene molto
differenti e per titoli molto diversi. Il primo debito è per i
benefici innumerabili che da lui quotidianamente riceviamo; il
secondo è per i nostri innumerevoli difetti, trasgressioni,
divagazioni, sbadataggini, disattenzioni, mancanza di energia nelle
pratiche religiose, e nel cercar di vincere i nostri difetti; e
voglia il Signore che non sia qualche volta con peccati avvertiti e
gravi! Il primo debito si paga col ringraziamento, il secondo col
dolore. È giusto pertanto che ogni giorno prima d’andare a riposo
li paghiamo tutti e due. Pagherai il primo col recitare con special
devozione le preghiere della sera; pagherai il secondo coll’esame
seguito dall’atto di contrizione.
L’esame generale.
Nell’esaminarti,
nota che se trovi qualche cosa buona in te, l’hai da attribuire a
Dio con gratitudine, mentre il male non devi scusarlo, ma attribuirlo
tutto a te, alla tua negligenza, alla tua poca attenzione, al tuo
poco zelo. In questo esame passa in rassegna tutte le azioni
principali della giornata, e specialmente il proponimento della
meditazione, e quelli fatti in occasione dell’ultima confessione,
per vedere se li hai osservati. Generalmente per l’esame quotidiano
basta quel momento che si lascia a tale scopo nelle orazioni comuni.
Ma se in quello non hai potuto riflettere abbastanza, rifallo prima
d’andare a dormire, quando inginocchiato accanto al letto sei per
dire le tre Ave
Maria. Atto
essenziale, che deve seguire l’esame di coscienza, è appunto
l’atto di contrizione, unito ad un fermo proponimento di non più
ricadere. Disgraziata l’anima, che non sente in sè gran dispiacere
dopo che ha offeso Iddio, fosse pur solo con una piccola venialità
avvertita. Dopo l’esame, dice San Leonardo da Porto Maurizio,
figùrati di confessare al Signore i mancamenti fatti, e imponiti da
te stesso la penitenza. Poi inviluppa così in blocco tutti i difetti
della giornata in un atto di contrizione, e gettali nella fornace
della misericordia di Dio, perchè ivi restino consumati.
L’esame particolare.
Questo,
di cui ti parlai finora, è quello che si dice l’esame generale
della coscienza; e si dice generale perchè cerca tutti i mancamenti
della giornata, di qualunque sorta siano. Vi è un altro esame da
farsi, e che non ha minore importanza: si chiama ordinariamente esame
particolare.
Questo si può fare in qualunque momento della giornata ed anche
molte volte nella giornata stessa, sebbene nelle comunità si usi
fare prima di pranzo. Questo esame si dice particolare perchè si
occupa di un difetto solo, e consiste nell’esaminarci sul nostro
difetto principale, quello che si prese a combattere nel mese. Ognuno
ordinariamente ha qualche difetto o peccato in cui cade più
facilmente, o qualche propensione cattiva, che per lui è la cagione
e la radice degli altri mali. L’esame particolare consiste nel
determinare bene quale difetto o quale abitudine si vuol distruggere,
e quindi nel rendersi conto, almeno una volta al giorno, delle lotte
che si sono sostenute contro quel difetto, delle vittorie che si sono
riportate, delle sconfitte che si sono ricevute. E benché in alcuni
siano vari i principali vizi o difetti, conviene nondimeno prenderne
di mira uno solo per volta, per poterlo estirpare con sicurezza. È
necessario soprattutto che di applichi a ben conoscere la radice e la
sorgente di quel difetto che ti predomina. E non contentarti di
riformare solamente l’esteriore, ma va’ a fondo nell’anima tua,
e cerca di svellere fino le radici del male. L’esame particolare
fatto seriamente, anche solo durante un mese, dà alla fine di questo
mese risultati meravigliosi. Pertanto, mese per mese, nell’Esercizio
di Buona Morte, scegli uno dei tuoi difetti, e d’accordo col
maestro proponiti di combatterlo fortemente per tutto il mese. Ogni
giorno in una visita al SS. Sacramento esaminati su quel difetto, e
sii energico nel volerlo a tutti i costi sradicare. Comincia dallo
sradicare quelli più appariscenti, i quali possono offendere il
prossimo o scandalizzarlo. Non cambiare il soggetto dell’esame
finché non hai distrutto, o almeno grandemente indebolito, quel
difetto che ti sei proposto di combattere. Se il maestro lo giudica
conveniente segnati tutti i giorni su di un quadernetto apposito e
molto esattamente i risultati del tuo esame, e obbligati a
presentarlo alla fine di ogni settimana, o almeno al termine d’ogni
mese, al maestro. Imponiti ogni giorno qualche mortificazione in
rapporto al difetto che vuoi combattere e alla virtù che vuoi
acquistare. Non contentarti di gemere dinanzi a Dio delle tue
infedeltà, delle tue debolezze, della tua tiepidezza; punisciti!
Saranno piccolissime cose, ma osservate costantemente produrranno
gran frutto.
Modo di far l’esame particolare.
Un
buon modo di fare bene l’esame particolare di coscienza è il
seguente. Anzitutto figurati di essere alla presenza di Dio, e
domandagli lume per conoscere i tuoi mancamenti, grazia per
comprenderne la bruttezza e vedere tutto il torto che gli fai. Quindi
domandati ragione di ogni ora della giornata, delle occasioni che hai
avute, delle cadute fatte, delle debolezze di cui hai da
rimproverarti, delle vittorie riportate, segna il numero delle cadute
ed anche delle vittorie, se così ti consigliò il maestro. Per
scuoterti pensa che questo difetto aumenterà il tuo supplizio in
purgatorio e diminuirà il tuo grado di gloria in cielo; può anche a
poco a poco trascinarti al peccato mortale; ti rende incapace di
elevarti alla perfezione che Dio domanda da te; t’impedisce di fare
il bene che il buon Dio ti destinava, contrista lo Spirito Santo,
ferisce il Cuor di Gesù, e ti allontana le tenerezze affettuose
della Beata Vergine. Indi domanda sinceramente perdono a Dio,
proponiti qualche atto di espiazione e ringrazia il Signore di averti
fatto conoscere un po’ meglio te stesso. Sarebbe anche buona cosa
fare un piccolo esame al termine di tutte le azioni di maggior
importanza della giornata, per vedere se si fecero con quell’impegno
che era necessario. Sant’Ignazio di Loyola faceva questo esame
tutte le ore, e ciò ancora 1 ultimo giorno di sua vita, e prendeva
nota dei suoi mancamenti in un quadernetto; e questo fu uno dei mezzi
che più l’aiutò a farsi santo.
Esame di previdenza.
Vi è
ancora l’esame di previdenza.
Lo si può fare utilmente al mattino, cercando di prevedere il bene
che si potrà fare lungo il giorno, e le occasioni che ci possono far
cadere in qualche difetto, e determinando con precisione il modo di
evitar quei difetti. Tu pertanto bada alle difficoltà che ti
occorreranno nella emendazione dei difetti. Previeni cogli occhi
della prudenza al mattino tutte le difficoltà, gravezze, disprezzi
ed occasioni d’inciampare, che probabilmente ti si possono offrir
in quel giorno, attese le tue inclinazioni ed il tuo stato ed
ufficio, e le persone colle quali devi trattare; e fa’ proposito di
voler assolutamente riuscire a vincerti. Proponi in tali occasioni di
diportarti in tal modo nel- l umiltà e nella pazienza, in tal modo
nelle tentazioni di golosità e di impurità, in tal modo nel
trattare con quel tal giovane o compagno, o con quel tal superiore. E
ciò non fidato nelle tue forze, ma in quelle che Iddio ti darà. Fa’
cioè come Gesù benedetto nell’orto del Getsemani; Egli si pose
avanti gli occhi tutti i patimenti che in quella sera medesima e nel
giorno seguente doveva patire, e li accettò con grande amore. Lottò
contro il timore e la tristezza fino a sudar sangue; ma non
desistette, e si propose di prender tutto dalle mani del suo eterno
Padre. E tutto quindi offerse con quella fortezza ed amore che
formerà sempre l’ammirazione degli uomini.
L’esame della confessione.
Vi è
poi l’esame che si fa in preparazione alla confessione
sacramentale. Per riuscire a far bene questo esame, giova immaginare
di trovarsi avanti al divin Giudice, il quale ci assicura, che se ci
giudichiamo bene da noi, non ci giudicherà più egli nell’estremo
giudizio1.
Ma bisogna che ci esaminiamo e giudichiamo profondamente, come
farebbe il divin giudice medesimo. Egli dice che giudicherà la
Gerusalemme dell’anima nostra fin nei più reconditi siti;
scoprendo con luminosa lucerna tutte le colpe che si troveranno in
essa, ancorché siano molto minute. Dobbiamo pure esaminare, come il
medesimo Signore ci ammaestra per mezzo di Davide, non solo le opere
cattive ma anche le buone, nelle quali sogliono alle volte mescolarsi
circostanze cattive: ego
iustitias iudicabo.
E che anzi ci giudicherà anche dei peccati occulti, per cui dobbiamo
domandare col salmista: mondami
dai peccati occulti.
E peccati occulti sono quelli che si commettono per ignoranza o
inavvertenza colpevole o per illusione o inganno del demonio,
tenendoli quasi virtù: come se tu prendessi per zelo quello che è
ira, se prendessi per energia e fortezza di carattere ciò che è
cocciutaggine ’e ostinatezza. Devi anche esaminarti dei peccati
altrui, cioè di quelli che altri possono aver commessi per cagion
tua. Perdona
al tuo servo i peccati altrui.
Ciò avviene specialmente a chi non è riguardoso e delicato nei suoi
modi, e così finisce per dare vero scandalo ad altri, anche senza
attualmente accorgersene; come di chi coi cattivi modi eccita altri
all’iracondia, a dire parole spropositate, ecc. Fatto questo,
quando si trattasse di una confessione generale o annuale, farai bene
a passare uno ad uno i comanda- menti della santa legge di Dio e
della Chiesa e le obbligazioni del proprio stato, ed i sette vizi
capitali. Ma nell’esame per le confessioni settimanali basterà
esaminarti su quelle cose che sai già per esperienza formare il tuo
debole, cercando i peccati direttamente contro Dio e poi quelli verso
il prossimo, e infine verso te stesso, e ciò in pensieri, in parole,
in opere, in omissioni. Ti sarà anche di somma utilità il far
servire l’esame quotidiano a preparazione dell’esame per la
confessione. Se tu ogni giorno ti sei notato l’esito dell’esame
quotidiano, il tuo esame si può dire già fatto.
Istituire un confronto.
Alla
fine della settimana, nel giorno cioè in cui vai a confessarti,
confronta anche i vari giorni, e se vedi nei tuoi difetti che ogni
giorno della settimana hai diminuito un poco, danne grazie a Dio. Ma
se vedessi che sei sempre stato lo stesso, o se per disgrazia ancora
avessi aumentato, scuotiti bene. Pensa quanto poco Gesù deve essere
stato contento di te in quella settimana, e fa’ un proponimento più
serio di combattere da soldato meno vile nella nuova settimana, che
speri il Signore ti voglia ancora concedere per emendarti. Figùrati
anche che quella sia l’ultima settimana che il Signore ti conceda
ancora per farti buono, e che se non vedrà emendazione ti abbia a
punire, come fece con la ficaia infruttuosa2.
Questo ti servirà anche per star più all’erta nelle tue azioni.
Come fare l’esame di coscienza.
Prima
di cominciare l’esame di coscienza per la confessione, farai bene a
richiamarti i molti benefizi ricevuti da Dio, e le obbligazioni che
hai di servirlo perfettamente. Poi domanderai lume per conoscere bene
i tuoi mancamenti. E mentre ti esamini, procura che quest’azione
non sia soltanto una ricerca speculativa, ma causa di rossore e di
vergogna d’essere stato ancora così cattivo dopo tanti benefizi
ricevuti, pentendotene con tutto il cuore.
Formulario d’esame di coscienza.
Ora
qui per aiutarti a fare un esame generale di coscienza in occasione
di esercizi di buona morte, o degli esercizi spirituali in cui si è
soliti fare una confessione più accurata, ti pongo un formulario
adatto. Dei peccati più gravi non hai bisogno che te ne parli. In
pochi minuti passi a rassegna i comandamenti di Dio e della Chiesa, e
ti ricordi subito se ti occorsero cose direttamente e gravemente
contrarie. Basta qui dare cenno per conoscere i più ordinari
mancamenti che possono commettersi giorno per giorno nello stato
religioso. Per maggior semplicità ridurrò le cose a cinque punti.
1)
Pratiche
di pietà.
Che stima hai delle pratiche di pietà? Sei ben persuaso che meritano
la massima stima che ti sia possibile? Come sono andate esse lungo la
giornata? Le hai fatte con fervore e costantemente? Non ne hai mai
omessa qualcuna per tua trascuratezza? Quando non le hai potute fare
in comune, non le hai compite con negligenza, o fors’anche
totalmente lasciate? Qual’è il tuo raccoglimento in esse? Freni
con diligenza le distrazioni, per quanto sta da te? Ti sforzi per
ottenere il fervore? Alzandoti al mattino non hai mai lasciato
d’elevare il tuo cuore a Dio e dire quelle giaculatorie e fare
quelle pratiche che sono indicate dal catechismo e dalle regole? Alla
sera andando a letto hai dette con divozione le tre Ave
Maria
raccomandate, ed hai domandato la benedizione della Madonna? Come
sono andate le tue preghiere vocali? E le piccole preghiere lungo il
giorno? Ed il segno di croce, il prender l’acqua benedetta, le
genuflessioni, l’Actiones
e l’Agimus,
e
le preghiere prima e dopo il cibo, l’Angelus,
ecc.? Ti sei esercitato lungo il giorno nelle orazioni giaculatorie,
nelle pie aspirazioni, nelle comunioni spirituali, nell’offerire
sempre le tue azioni a Dio e nel tenere il pensiero della presenza di
Lui? Non hai mai lasciata la tua meditazione? E come riesci? La fai
forse con distrazione volontaria o sonnecchiando, o tenendo un
contegno indevoto? Fai bene la preparazione? Sei fedele a seguire il
metodo che ti fu insegnato? Quale, ne è il risultato pratico? Qual è
la causa precipua delle tue distrazioni in essa? Ne domandi perdono
al Signore in fine? Pensi lungo il giorno alla risoluzione presa? La
richiami a memoria nelle visite che fai al SS. Sacramento? Fai tu con
cura e profitto l’esame di coscienza generale? Il particolare? E le
tue visite al SS. Sacramento ed a Maria SS. le fai tutte, secondo il
costume della casa? Le fai volentieri? Vai con raccoglimento, o
disturbi nell’entrata o nell’uscita di chiesa? Stai attento alle
letture spirituali e ne ricavi frutto? Non hai mai tralasciata tutta
od in parte la santa messa? Con che divozione vi assisti? La sai
servire con tutta esattezza? La servi con gravità e divozione? Ti
prepari bene alle sacre cerimonie, in modo che, per quanto dipende da
te, le funzioni riescano gravi e devote? Qual è la tua divozione
verso Maria SS.? È essa puramente affettiva, o ne cerchi la sostanza
procurando d’imitarla nelle sue virtù, e di fare degli sforzi per
darle gusto colle tue opere ben fatte? Procuri di crescere nella
fiducia della sua intercessione? Come reciti il suo rosario? Come hai
recitato o cantato alla domenica l’ufficio della Beata Vergine? Hai
pensato ad offrirlo bene a lei, come uno degli ossequi che le sono
più graditi? E con che devozione hai cantate le lodi sacre? Non
trovi nulla da migliorare nelle tue confessioni? Hai il tuo giorno
fisso per andarti a confessare? Ti sei preparato bene prima? Ti sei
eccitato bene alla contrizione? Sei stato talmente sincero, che il
confessore abbia potuto farsi un’idea esatta dello stato di tua
coscienza? Hai fatto il tuo proponimento ben fermo, specie su quelle
venialità in cui sei solito cadere quasi per abito? Hai procurato di
schivare le occasioni dei peccati? Hai praticato gli avvisi del
confessore? Sei contento delle tue comunioni? L’hai fatta
quotidiana, o con la frequenza indicata dal confessore? La rendi come
il centro della giornata, consacrando il tempo che corre tra le due
comunioni, metà al ringraziamento e metà alla preparazione della
comunione seguente? Segui quel consiglio di proporti prima della
comunione l’emendamento di qualche difetto, e dopo, la pratica di
qualche virtù? L’hai lasciata qualche volta per tua negligenza o
poca veglia? Che preparazione vi porti? Quali frutti ne ricavi?
Qual
è la tua docilità nel seguire gli avvisi che ti son dati? Sei tu
fedele nel riguardare il maestro,
o altro tuo superiore, come colui che tiene le veci di Dio, e come
stabilito da Dio per guidarti secondo le regole e lo spirito della
congregazione? Hai tu fatto esattamente e con umiltà il tuo
rendiconto? Ti sei presentato altra volta in tempo opportuno, quando
non l’hai potuto fare nel giorno che ti sei fissato?
2)
Cura
della perfezione e della vocazione.
Quale idea hai tu della vocazione? L’hai tu consolidata col fedele
compimento dei tuoi doveri e delle tue regole? Hai tu per essa la
stima che merita e la riconoscenza che deve inspirarti? La tua cura
principale è di avanzarti nella perfezione? Riguardi tu la
perfezione come l’unico importante affare per cui vivi? Qual è la
tua corrispondenza alla grazia ed alle divine ispirazioni? Quali
vittorie hai riportato sulla passione dominante? Che sforzi hai fatto
per domare la tua indole, il tuo carattere? Le tue disposizioni, sia
per emendarti come per progredire, sono le stesse che erano
all’inizio del tuo noviziato? Che progresso hai fatto nelle virtù
cristiane e religiose? La tua fede è semplice, viva ed attiva? La
tua speranza è ferma, senza scoraggiamenti e presunzioni? Qual è il
tuo amore per Iddio? Non vi è forse nel tuo cuore qualche attacco
sregolato verso le creature? Nota che l’ambizione e le amicizie
sensibili producono sempre questo dannoso effetto! Hai tu zelo per la
gloria di Dio? Sei tu afflitto degli oltraggi che riceve? Hai tu
quella delicatezza di coscienza che fa intimorire il buon religioso,
anche alla sola apparenza del male? Non ti sei tu permesso varie
mancanze sotto il pretesto che esse erano piccole? Non ti sei esposto
al pericolo di commettere mancanze gravi? A che punto sei tu riguardo
l’unione con Dio, il ricordo della sua presenza e la conformità
alla sua volontà? Qual è il tuo rispetto e la tua sommissione alla
divina Provvidenza nei casi avversi, e nelle persecuzioni che
incontri? Fai le cose sempre, direttamente, per piacere a Dio?
Esaminati specialmente sugli sforzi che fai per vincere la tua
passione dominante, e sui progressi nella virtù che in particolar
modo hai promesso d’acquistare e praticare. Che concetto hai della
nostra pia società? Che amore le porti? Comprendi tu bene che essa è
per te l’unica arca di salvamento? Che per te è fonte di ogni
bene? Parli sempre con edificazione di essa, dei superiori, delle
opere che intraprende, delle opere dei membri della medesima, delle
cose letterarie, scientifiche, musicali, artistiche, ecc.?
3)
Osservanza
dei santi voti.
Se il novizio non è obbligato alla povertà e alla obbedienza in
forza dei santi voti, esso vi è tenuto per regola, e per prepararsi
alle obbligazioni che sta per assumersi.
Riguardo
alla povertà:
Non hai mai tenuto danaro? Non hai ricevuto, preso, comperato o
imprestato senza permesso? Hai disposto di cose di qualche valore
come proprie, o per darle ad altri in dono, o per consumarle senza
licenza? Non conservi niente senza autorizzazione? Niente con qualche
attacco sregolato? Niente di superfluo o poco conforme alla povertà
religiosa? In tutti questi casi devi spogliartene senza dilazione e
rimetterti all’esattezza della santa povertà. Tieni con cura tutto
quello che hai in uso? Oppure hai recato danno alla casa o alla
congregazione? Sciupi qualche cosa, o guasti o lasci andar a male, o
nelle impazienze stracci, rompi qualche cosa? Ami tu la povertà come
una madre, godendo di poterne portare le livree e di provarne gli
effetti? Hai attacco smodato alla roba, alle comodità,
procurandotele con dispendio o senza averne vero bisogno? Non
t’avviene mai di cercare le cose migliori per lasciare il resto
agli altri? 0 di ridire o mormorare della biancheria, degli abiti,
dei libri, che ti sono assegnati?...
Riguardo
alla castità:
Vegli fedelmente perchè nulla ti avvenga contro la castità? Vigili
sui tuoi pensieri, sul tuo cuore, sui tuoi sensi? Non ti sei mai
permesso nulla che potesse essere per te occasione pericolosa o
almeno occasione di turbamento? Sei sempre stato fedele a ricorrere
prontamente a Dio ai primi attacchi delle tentazioni? Hai tu
combattute con forza le affezioni un po’ troppo naturali e
sensibili? Hai fatto letture leggere, fantastiche, o che riguardano
amori profani, o comunque atte a suscitare in te le passioni? Hai
dato occhiate a figure meno che decenti? Ti senti reo di confidenze
ad altri, di cose facili a destare pensieri cattivi o passioni
sregolate? Hai usato la dovuta moderazione nel mangiare, e
specialmente nel bere vino o liquori? Oppure hai dato con questo
occasione in te di ribellione del senso? Hai evitato ogni familiarità
e troppa domestichezza coi confratelli e coi giovani? Non ti sei
lasciato andare a giochi di mano, carezze, e fors’anche a baci con
qualcuno? Hai dato occasione ad altri di pensar male di te? Hai dato
occasione ad essere accarezzato, o ad attirarti gli sguardi altrui?
Non hai detto parole atte a svegliare in altri pensieri meno puri?
Fai tu con amore quanto dipende da te per imitare la purezza degli
angeli?
Riguardo
all’obbedienza: Hai forse mancato agli ordini espressi o ai comandi
dei superiori? Hai loro resistito o mancato di rispetto con le
parole, o con i gesti, in loro presenza, o in loro assenza, in te
stesso o con altri? Hai allegate finte scuse per sottrarti alla
volontà dei superiori? Non sei stato almeno ritroso nell’ubbidienza?
O ti sei servito di intercessioni forti per non fare l’ubbidienza,
e legare le mani ai superiori? Vi è nella tua obbedienza lo spirito
di fede e di sommissione così dalla parte della volontà come dalla
parte del giudizio? Vedi tu Iddio nella persona dei tuoi superiori?
Hai tu ascoltata la loro voce come la voce di Dio, disposizione
questa che è l’anima dell’ubbidienza? Non fai tu nulla di mala
grazia? Sei pronto all’obbedienza al primo segno, o al primo tocco
della campana? Ti sei sempre levato al mattino a tempo? Hai tu fatto
silenzio nei tempi e nei luoghi dovuti? Hai tu rinunziato alla tal
occupazione, al tal impiego, al tal luogo al primo ordine, anzi al
primo avviso, pensando che a questo mondo, e tanto più nello stato
religioso, si deve essere indifferenti a tutto eccettochè a far la
volontà di Dio espressa per mezzo dei superiori? Non ti sei permesso
riflessioni, burle, critiche, mormorazioni sugli ordini emanati, o su
certe circostanze od accessori riguardo gli ordini, o sulla persona
dei superiori, sminuendo in questo modo nel tuo concetto ed in quello
degli altri il rispetto che loro è dovuto? Non v’è qualche
superiore verso cui limiti la tua soggezione e riverenza? Ti ricordi
di pregare per loro? e di dare quelle dimostrazioni di rispetto che
meritano? Vi è schiettezza ed amore nei tuoi rapporti con loro? Sei
tu fedele nell’osservanza di tutte le regole, o ve n’è forse
alcuna formalmente esclusa dalla tua obbedienza, o di cui ti sia
venuta abituale la violazione? Dipendi sempre in tutto, ovvero in
qualche circostanza ti permetti qualche licenza di tuo arbitrio? Nei
casi di negative, di ordini di contraggenio, senti forse troppa
avversione e ripugnanza, e almeno cerchi di reprimerle?
4)
Sulla
vita comune e diligenza nei propri doveri.
Hai tu soprattutto stimata e seguita la regolarità, che ti è
imposta dai tuoi doveri quotidiani, così importanti per la comunità
in generale, e per te in particolare? Sei tu contento della classe,
della sezione, del genere di studi, del metodo che si tiene in essi;
dei libri che si usano, delle varie materie assegnate? Hai procurato
d’impiegare nello studio tutto il tempo a ciò destinato? Ti sei
sempre fatto un religioso scrupolo di non perdere neanche un istante
di tempo così prezioso? Hai cercato di disporre il tuo tempo in modo
che tutti i doveri potessero essere terminati a tempo, senza
trascurarne nessuno? Non hai assegnato troppo tempo ad una materia
con detrimento delle altre? Ti sei sempre ben preparato alle scuole,
alle ripetizioni? o ti sei anche occupato in studi estranei al tuo
dovere? Hai mai intrapresa la lettura di nessun libro senza esserti
prima consigliato con il tuo superiore? Tieni per caso nascosto
qualche libro che non vuoi che il superiore conosca? O nella nota dei
libri consegnata al superiore sul principio dell’anno ne hai
occultato qualcuno? O dopo, lungo l’anno, ne hai ricevuto qualcuno
e non l’hai ancora fatto vedere? Quale fu la tua premura per
apprendere il canto gregoriano? Quale la diligenza nell’apprendere
le cerimonie? Non ti sei servito di questi tempi per divagarti? Hai
sempre tenuto nella debita stima tali scuole? Sei sempre stato
attento alla scuola? Non hai mai avuto di mira di comparire nel
rispondere alle interrogazioni, nel leggere i tuoi lavori, nello
sciogliere le difficoltà? Non ti capitò di fare altro mentre il
professore spiegava? Non hai fatto rumori per far ridere o disturbare
senza che i professori potessero sorprenderti, e dopo almeno te ne
sei accusato al superiore? Sei contento degli altri piccoli impieghi
che ti sono affidati? Li eseguisci con tutto quell’impegno che è
loro dovuto? Vi hai tu portato quello zelo, quell’attività, quella
prudenza che in essa erano necessari? Non hai mai conteso o trattato
poco caritatevolmente con coloro che stavano con te nel medesimo
impiego? Hai aiutato i tuoi compagni quando potevi? Li hai sopportati
con allegria quando dimostravano umore diverso dal tuo? Hai fatto
quanto potevi per contentare i tuoi compagni? Hai usato con loro bei
modi? Hai osservato le regole di civiltà che tanto servono a
cementare la carità fraterna? Hai eseguito le regole di pulizia, che
giovano anche a non dispiacere agli altri? Come fai le tue azioni
ordinarie? Hai pensato costantemente con esse di piacere a Dio, od
hai anche cercato la tua soddisfazione propria? Sei costante ad
animare le tue azioni con pensieri di fede? Sei tu ben persuaso che
la tua perfezione consiste nel far bene i tuoi doveri quotidiani
senza trascurare neppure il più piccolo, neppure la cosa più
indifferente? Hai tu bene economizzato il tempo? L’ordine dei tuoi
lavori è ben subordinato all’obbedienza? Nelle tue azioni poni
quella diligenza religiosa che è necessaria o le fai con
precipitazione, o con lentezza, o con indolenza; o con perdita di
tempo o comunque, senza buono spirito? Come impieghi il tempo delle
tue ricreazioni, delle passeggiate, dei giorni di vacanza? Hai vera
cura di santificare i tuoi pasti? i tuoi riposi? I tuoi esercizi
corporali?
5)
Di
alcune altre virtù più necessarie (umiltà,
carità fraterna, mortificazione). Come ti trovi riguardo all’umiltà?
L’hai trasgredita col vantarti, con esser troppo suscettibile, con
la mala grazia, coll’alterezza verso i compagni? Hai tu cercata la
stima e la lode invece di amare d’esser dimenticato, e tenuto in
poco conto e umiliato? Hai agito per rispetto umano? Non hai tu
troppo buona opinione del tuo ingegno o della tua virtù? Non hai tu
l’abitudine di parlare di te stesso? Sei tu fedele nel riconoscere
i tuoi torti e mancamenti o ti scusi facilmente? Rendi conto della
tua coscienza con quella umiltà, con quella confidenza infantile che
è tanto secondo lo spirito della congregazione? Non resti un po’
abbattuto quando non riesci in qualche cosa? o quando di qualche cosa
sei ripreso? Fai tu con frequenza atti di umiltà, offrendoti per
quegli uffizi che son più bassi,o contrari alla comune estimazione,
o ributtanti alla natura? Almeno accettandoli con sommissione? Hai tu
un’indole arrendevole ed affabile? Ovvero sei sostenuto ed altero,
in modo che si debba trattare con te con riserbo e riguardi? E gli
stessi superiori non devono forse essere molto cauti per non
offendere la tua suscettibilità nel darti certi ordini ed incombenze
?
Devi
ai tuoi confratelli l’affetto, la stima, la benevolenza più
tenera, la più cordiale. Devi favorire l’unione dei cuori. Non hai
detto o fatto qualche cosa contraria a questi doveri che la carità
fraterna richiede? Ti sei per caso lasciato portare all’avversione,
all'invidia, alle maligne interpretazioni, ai ri- sentimenti, alle
contestazioni, agli atti di collera verso di loro?
Hai
tu rigettata con tutte le tue forze quella bassa gelosia che
s’affligge nel vedere i buoni successi altrui, le distinzioni che
dan loro i superiori, o persino le loro virtù? Non ti sei mai
permesso, riguardo ai confratelli (e mille volte peggio riguardo ai
superiori) maldicenze, rapporti indiscreti, calunnie, desideri di
vendetta, o scatti di malumore? Nè nulla che possa mal edificare o
produrre disunioni? Ti sei guardato bene dal criticare ciò che fanno
gli altri, o dal riprenderli senza averne il diritto o solo per mal
umore? Il tuo affetto pei compagni è tutto fondato sull’amore di
Dio? È esso generoso, e senza eccezioni? Hai tu un sufficiente
orrore per quelle miserabili amicizie particolari che scandalizzano i
compagni, che dividono il tuo cuore e lo allontanano da Dio? Hai tu
mai pensato alle conseguenze del cattivo esempio in una comunità, e
alla necessità di dare buon esempio? Qual è la tua carità verso le
anime del purgatorio? E il tuo zelo per la salute altrui? Non
potresti praticamente far qualche cosa di più in favore delle une e
degli altri? Come stai riguardo allo spirito tanto necessario della
mortificazione di te stesso? Hai tu eseguite, in tutta la loro
integrità e secondo il loro spirito, le regole contrarie alle
inclinazioni tue ed al tuo naturale? Quali sforzi hai già fatto per
giungere alla perfetta osservanza della modestia esteriore negli
occhi, nel tratto, ed in tutto il tuo procedere? Nelle circostanze un
po’ difficili non hai tu dato segno d’impazienza, di collera o di
turbamento? Hai tu compiuto con coraggio e costanza le piccole
mortificazioni e penitenze in uso nella congregazione, come il
digiuno del venerdì e quel lavoro indefesso che deve formare la
nostra caratteristica e la nostra gloria? Sei stato mortificato nei
cibi, non hai mangiato o bevuto fuori pasto? Non hai tenuto bibite o
commestibili con te? Hai osservato perfetto silenzio in refettorio
durante le letture? Anche dopo che si può parlare, hai usato
moderazione non parlando forte e non volendo parlar coi lontani? Non
hai mai lasciato un incarico, un’assistenza, per tua colpa e poca
mortificazione? o preparato poco le lezioni, o non corretti i compiti
tuoi o degli altri per negligenza? O abbandonata la ricreazione, o
rifiutato il passeggio coi giovani per tua poca voglia? Ti sei
applicato soprattutto alla mortificazione interna ed all’abnegazione,
almeno in quelle cose ordinarie che capitano a ogni piè sospinto?
Hai fatto sufficienti sforzi per riformare il tuo carattere, il tuo
mal umore? Come hai ricevute le pene che t’inviava la Provvidenza?
Quanto hai tu faticato per acquistare la perfetta conformità alla
volontà di Dio? Hai tu, in una parola, avuto spirito di
mortificazione? Cioè, sapendo che le sofferenze sono un eccellente
mezzo per espiare i tuoi mancamenti, sradicare i tuoi vizi, renderti
un po’ più simile a Gesù Cristo, che è lo scopo per cui sei
entrato in congregazione, le hai tu amate e desiderate? Non ti
metterai una volta con impegno efficace per farti santo? Quando ti
proponi di cominciare davvero, e non solo più a parole? Quali
proponimenti pratici fai conto di prendere in questo momento?
Scriviteli, e il Signore ti aiuti a praticarli d’ora in poi
fedelmente.
1
« Si nosmetipsos
diiudicaremus, non utique iudicaremur » (7 Cor.,
XI, 31).
2
« Succidite ergo
illam; ut quid terrain
occupat? » (Luca,
XIII, 7).
[Brano tratto da "Il Vade mecum dei giovani salesiani" di Don Giulio Barberis, SEI, Imprimatur: Taurini, die 18 julii 1931, Can. p . Franciscus Paleari].